Atti del Convegno “Persona, colpevolezza, pena”, Pisa, 7-8 febbraio 2024 – Contributi di R. Bartoli, D. Castronuovo, M. Lalatta Costerbosa, M. De Caro, G. De Francesco, A. Menghini, L. Milazzo, L. Re, L. Risicato
Nei giorni 7 e 8 febbraio 2024 si è svolto presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Pisa il convegno “Persona, colpevolezza, pena. Libero arbitrio e imputazione normativa della responsabilità”. In esso si è trattato della colpevolezza come fondamento dell’imputazione della responsabilità penale e come categoria del reato, riservando particolare attenzione al rilievo oggi attribuito al libero arbitrio quale suo postulato. Si è inoltre discusso della rilevanza esimente che potrebbero assumere gli stati emotivi e passionali e i processi inconsci alla base delle nostre scelte d’azione, non senza tenere in considerazione le recenti acquisizioni neuroscientifiche concernenti le determinazioni e i condizionamenti organici dell’agire umano. Si è quindi provato a sondare la via di una più efficace personalizzazione del giudizio di rimproverabilità del reo, con le cui difficoltà ci si è confrontati anche in una prospettiva di taglio esplicitamente abolizionista e guardando comunque alle ricadute in termini di giustificazione della pena. Della dimensione normativa della colpevolezza si sono occupate alcune relazioni riguardanti lo spazio operativo e i criteri imputativi delle scusanti, mentre altre si sono concentrate sulla possibilità di riproporre le cadenze e i parametri di misurazione della colpevolezza in ambiti caratterizzati da maggiore “iato” fra le scelte dell’agente, da un lato, e la dinamica di realizzazione del fatto penalmente rilevante, dall’altro. Sono stati, infine, oggetto di specifica attenzione i problemi posti dall’avvento delle intelligenze artificiali e dalla possibilità di un loro impiego per cagionare offese penalmente rilevanti.
Per una rifondazione personalistica della colpevolezza e delle scusanti – Roberto Bartoli
Muovendo da una visione personalistica costituzionalmente orientata, l’Autore affronta tre questioni cruciali concernenti la colpevolezza: la libertà del volere, che si ritiene costituzionalizzata per finalità di garanzia; la categoria della colpevolezza, che viene radicata nel procedimento motivazionale della persona; le scusanti, caratterizzate dalla rilevanza attribuita a determinati stati emotivi in peculiari contesti che possono essere individuati dal giudice o tipizzati dal legislatore.
Starting from a constitutionally oriented personalistic vision, the Author addresses three crucial questions concerning culpability: one on freedom of will, which is considered constitutionalized for guarantee purposes; another one on the category of guilt, which is rooted in the person’s motivational process; the third one on the excuses as defenses, characterized by the relevance attributed to certain emotional states in particular contexts that can be identified by the judge or typified by the legislator.
Misura soggettiva e indici di rimproverabilità. Una critica alle concezioni ultra-normative della colpa – Donato Castronuovo
Mentre sul versante dottrinale persistono ricostruzioni teoriche che determinano una nozione ultra-normativa e iper-oggettiva della colpa penale, la quale si risolve in definitiva nella mera violazione di una regola cautelare causalmente collegata all’evento, nella giurisprudenza di legittimità degli ultimi anni – in particolare dell’ultimo lustro – si è delineato un meritorio orientamento della Quarta Sezione che (in assonanza almeno implicita con altre e riconoscibili impostazioni dottrinali) valorizza la misura soggettiva anche in contesti diversi da quello sanitario e in cui non è riproducibile la limitazione legata al grado della colpa: è il caso, segnatamente, della sicurezza del lavoro. Un contesto, dunque, strutturalmente “ostile” a una “soggettivazione” della colpa, nell’ambito del quale, tuttavia, si registrano già numerose pronunce innovative che dànno rilievo scusante a situazioni di inesigibilità (della condotta rispettosa del dovere oggettivo di diligenza) con conseguente annullamento della condanna del garante, pur in concomitanza di una riscontrata inosservanza cautelare. A questi esiti si giunge mediante valorizzazione di taluni fattori diindividualizzazione del giudizio, ricostruibili come elementi di esclusione (o riduzione) della colpevolezza, e in particolare di dati soggettivi e situazionali riguardanti la concreta conoscenza o conoscibilità di un rischio specifico, spesso riconducibile, in queste vicende, a una prassi operativa scorretta da parte dei lavoratori, poi causativa dell’evento.
While on the doctrinal side there persist theoretical reconstructions that determine an ultra-normative and hyper-objective notion of criminal guilt, which is ultimately resolved in the violation of a precautionary rule, in the jurisprudence of recent years there has emerged a meritorious orientation of the Fourth Section of the Supreme Court that (in assonance at least implicitly with other and recognisable doctrinal approaches) enhances the “subjective measure” also in contexts other than the medical one and in which the limitation linked to the degree of guilt cannot be reproduced. This is the case, in particular, of safety at work. A context, therefore, structurally ‘hostile’ to a ‘subjectivisation’ of culpability, within which, however, there are already numerous innovative pronouncements that give exculpatory importance to situations of “inexigibility” (of conduct complying with the objective duty of care) with consequent annulment of the conviction, even in conjunction with a proven failure to comply with precautionary measures. These results are reached through the valorisation of certain factors of individualisation of the evaluation, which can be reconstructed as elements of exclusion or reduction of culpability, and in particular of subjective and situational data concerning the concrete knowledge or awareness of a specific risk, often ascribable, in these cases, to an incorrect operational practice on the part of the workers, which then caused the event.
Colpevolezza e forme della responsabilità. Una riflessione, a partire da Hart – Marina Lalatta Costerbosa
Il saggio si concentra sul tema della giustificazione della pena in relazione al riconoscimento delle responsabilità. Esso muove dal convincimento che lo spazio della responsabilità, meglio, delle responsabilità al plurale, sia complesso e multiforme. Indispensabile è la presa in carico di tale complessità e la paziente ricostruzione dell’intenzionalità, oltre che della condizione esterna d’azione del soggetto. La giustificazione e le modalità di attuazione della pena non possono non tenere in considerazione la nozione di responsabilità nelle sue diverse manifestazioni; e a sua volta la nozione di responsabilità non può non riguardare l’intensità dell’intenzione sottesa all’azione potenzialmente condannabile. Attraverso il riferimento privilegiato all’opera di Hart Punishment and Responsibility, e poi ad autori quali Beccaria, Humboldt e Radbruch, questo contributo intende mostrare come l’individuazione delle molteplici responsabilità coinvolte e del contesto sociale dell’azione possano favorire uno sguardo critico sulla colpevolezza penale.
This essay focuses on the issue of the justification of punishment in relation to responsibility. It moves from the belief that the sphere of responsibilities, is complex and heterogeneous. The acknowledgement of this complexity, the reconstruction of intentionality, as well as the external condition of action of the subject are fundamental elements in this context of reflection. The justification and methods of implementation of punishment cannot fail to take into account the notion of responsibility in its various manifestations. Moreover the notion of responsibility cannot fail to concern the intensity of the intention underlying the potentially convicting action. Through the main reference to Hart’s work Punishment and Responsibility, and to thinkers such as Beccaria, Humboldt and Radbruch, this paper aims to show how the identification of the multiple responsibilities involved and the social context of the action can foster a critical look at criminal culpability.
Libero arbitrio e imputabilità oggi – Mario De Caro
Secondo un classico punto di vista – difeso per esempio, da Giovanni Fiandaca ed Enzo Musco – l’intuizione prefilosofica dell’autodeterminazione umana è sufficiente a fondare la pratica dell’imputabilità. In questo articolo si argomenta che questa tesi è inadeguata: negli ultimi anni, infatti, quell’intuizione è stata vigorosamente contestata da scienziati e filosofi, anche di grande autorevolezza, in favore di concezioni che dismettono del tutto la galassia concettuale incentrata sulla nozione di imputabilità. Per difendere l’impianto giuridico tradizionale, allora, è necessario ribattere a questi approcci eliminazionistici guardando alle migliori concezioni della nozione di autodeterminazione e, più in generale, di libero arbitrio che il dibattito contemporaneo ci mette a disposizione.
According to a classic viewpoint – defended, for example, by Giovanni Fiandaca and Enzo Musco – the prephilosophical intuition of human self-determination is sufficient to ground the practice of imputability. This article argues that this thesis is inadequate: in fact, in recent years, that intuition has been vigorously challenged by scientists and philosophers, including those of great authority, in favor of conceptions that divest the conceptual galaxy centered on the notion of imputability altogether. To defend the traditional legal framework, we must rebut these eliminationist approaches by looking at the best conceptions of self-determination and, more generally, of free will that the contemporary discussion makes available to us.
Libertà va cercando. una sintesi introduttiva su libero arbitrio e colpevolezza penale – Giovannangelo De Francesco
Dopo essersi criticamente soffermato sul dibattito secolare tra deterministi e indeterministi, lo scritto s’interroga sul significato umano e sociale della libertà di autodeterminazione con riguardo alla colpevolezza penale, dedicando particolare attenzione alle cause scusanti e all’imputabilità. Specialmente in relazione a quest’ultima viene analizzata anche la questione del ruolo delle neuroscienze, pervenendosi, in conclusione, a valorizzare l’importanza di un più ampio approccio alla dimensione sul piano culturale del contesto in cui si sviluppa la libertà della persona. Conclude l’indagine una riflessione sui rapporti tra colpevolezza e prevenzione, volta a porne in risalto la correlazione inscindibile, nell’interesse sia del singolo che delle finalità dell’ordinamento penale.
After critically focusing on the age-old debate between determinists and indeterminists, the paper questions the human and social meaning of freedom of self-determination having regard to criminal culpability. A special attention is paid to the causes of excusability and to imputability. In relation to the latter, the question of the role of neuroscience is also analysed, leading, in conclusion, to valorise the importance of a broader approach to the cultural dimension of the context in which the freedom of the person develops. The investigation concludes with a reflection on the relationships between culpability and prevention, aimed at highlighting the inseparable correlation, in the interest of both the individual and the purposes of the penal system.
Actio libera in causa e ubriachezza volontaria o colposa – Antonia Menghini
Il contributo si interessa di approfondire alcune questioni nodali con riferimento all’istituto dell’actio libera in causa. Da un lato se ne indaga la compatibilità con il principio di colpevolezza alla luce delle due principali proposte di ricostruzione dell’istituto: quella che ritiene di dilatare i confini del fatto tipico fino ad inglobarvi anche la c.d. actio praecedens e quella, condivisa dall’Autrice, che ricostruisce lo schema dell’alic quale eccezione al principio di coincidenza tra fatto tipico, imputabilità e colpevolezza. Dall’altro, l’interrogativo relativo alla possibile portata estensiva dell’alic che, secondo certa dottrina, dovrebbe de lege lata abbracciare anche lo schema colposo, permette di tornare a riflettere sulla problematica previsione relativa all’ubriachezza volontaria o colposa e sull’opportunità di proporne l’abrogazione.
The paper is interested in exploring some nodal issues with reference to the institution of actio libera in causa. On the one hand, its compatibility with the principle of culpability is investigated in the light of the two main proposals for reconstructing the institution: the one that considers expanding the boundaries of the typical fact to include also the so-called actio praecedens and the other one, shared by the Author, which rebuilds the scheme of the alic as an exception to the principle of coincidence between typical fact, imputability and culpability. On the other hand, the paper dwells on the question regarding the possible expansive scope of alic, which, according to certain doctrine, should de lege lata also embrace the culpable scheme, allowing us to reflect on the problematic provision regarding the voluntary or culpable drunkenness and whether its repeal should be proposed.
Il libero arbitrio nel diritto penale: finzione, costruzione, illusione? Una riflessione a partire da Kelsen – Lorenzo Milazzo
Eduard Kohlrausch scriveva nel 1910 che «la capacità individuale» (das individuelle Können) di osservare la norma violata, da cui dipende l’imputazione della responsabilità penale, è una «finzione necessaria per lo Stato». Nella sua Filosofia del “come se”, pubblicata per la prima volta l’anno seguente, Hans Vaihinger sosteneva similmente che «il concetto di libertà» in cui si deve ravvisare «il fondamento dell’intero diritto penale» è «una finzione altamente necessaria per la prassi». Benché condividesse il suo scetticismo riguardo alla nozione corrente di libero arbitrio, secondo Hans Kelsen Vaihingher si sbagliava: la libertà del volere intesa in senso etico-giuridico non è una finzione ma una costruzione, a cui non serve fingere, né per finalità pratiche né per finalità teoretiche, che corrisponda la possibilità reale dell’autore del reato di agire diversamente. In questo contributo ci si soffermerà sulla configurazione kelseniana del rapporto fra libero arbitrio e imputazione della responsabilità penale, di cui sembra si possa avvertire un’eco lontana nelle soluzioni del problema offerte da alcuni fra i più autorevoli teorici contemporanei del diritto penale, le quali, al di là della diversità degli indirizzi rispettivi, rivelano convergenze inattese e sorprendenti.
Eduard Kohlrausch argued in 1910 that the «individual capacity» (das individuelle Können) to observe the violated norm, upon which criminal liability depends, is a «necessary fiction for the state». In his Philosophy of “As If”, first published the following year, Hans Vaihinger similarly asserted that «the concept of freedom», which should be regarded as «the foundation of criminal law», is «a highly necessary fiction for practice». Although he shared Vaihinger’s scepticism regarding the common notion of free will, Hans Kelsen believed that Vaihinger was mistaken: freedom of the will, understood in the ethical-legal sense, is not a fiction but a construction, and it is unnecessary to pretend, either for practical or theoretical purposes, that this construction corresponds to the offender’s real possibility of acting otherwise. This paper will focus on Kelsen’s conception of the relationship between free will and the imputation of criminal responsibility, a distant echo of which seems to resonate in the solutions offered by some of the most influential contemporary theorists of criminal law. Despite the diversity of their respective approaches, these solutions reveal unexpected and striking convergences.
Violenza basata sul genere e “giustizia trasformativa”. Un’alternativa al sistema penale? – Lucia Re
Il saggio esamina le principali posizioni emerse in seno al movimento per la giustizia trasformativa, di origine statunitense, e ne valuta le pratiche dalla prospettiva delle risposte che le nostre società sono chiamate a dare alla violenza basata sul genere, sia perché questo è uno dei problemi di cui il movimento si è più occupato, sia perché in questo ambito emerge la tensione esistente fra questa prospettiva di giustizia trasformativa, i principi del diritto penale liberale che abbiamo ereditato dall’Illuminismo e importanti correnti della teoria giuridica e dell’attivismo femministi che si sono battute per la criminalizzazione della violenza contro le donne. L’argomentazione svolta consente di cogliere alcuni spunti significativi che il dibattito sulla giustizia trasformativa offre alla riflessione e alla pratica relative al diritto penale, al lavoro di polizia, alla giustizia riparativa e al movimento per il riconoscimento e il contrasto alla violenza basata sul genere. Essa mette in luce, tuttavia, anche i limiti di questo approccio radicale, promuovendo lo sviluppo di un sistema di giustizia statale “responsabile” e di una “politica della cura” che consentano di accogliere e affrontare le vulnerabilità sociali e psicologiche della vittima, del reo e dei contesti cui appartengono.
The essay examines the main positions that have emerged within the transformative justice movement born in the US. It evaluates its practices from the perspective of our societies’ responses to gender-based violence, which is one of the issues that the movement has been most concerned with. Such a perspective highlights the tension that exists between this transformative justice approach, the principles of liberal criminal law that we have inherited from the Enlightenment, and important currents of feminist legal theory and activism that have fought for the criminalization of violence against women. The paper shed lights on the insights that the transformative justice debate offers to reflection and practice related to criminal law, police work, restorative justice, and the movement to recognize and combat gender-based violence. It also highlights, however, the limits of this radical approach and promotes the development of a “responsive” justice system and a “politics of care” able to accommodate and address the social and psychological vulnerabilities of the victim, the offender and the contexts to which they belong.
“In me la passione è più forte della ragione” . Un’analisi dei rapporti tra emozioni e colpevolezza – Lucia Risicato
L’articolata rilevanza delle emozioni nel diritto penale si fonda sull’interazione tra diritto e saperi extragiuridici. Le neuroscienze e gli studi psicologici e filosofici collocano, infatti, emozioni e sentimenti – assai eterogenei tra loro per intensità e durata – all’interno della coscienza. Deve poi considerarsi superata la distinzione, di origine aristotelica, tra emozioni “buone” e “cattive”. Le conseguenze, sul piano della colpevolezza, portano al graduale superamento del draconiano limite dell’art. 90 Cp., testimoniato dalla sempre più numerosa presenza di elementi “emotivi” di fattispecie. E tuttavia un diritto privo di emozioni fa paura almeno quanto un diritto che si impregni di umori e passioni, sorvolando sui suoi principi fondanti.
The articulated relevance of emotions in criminal law is based on the interaction between law and extra-legal knowledge. Neuroscience, psychological and philosophical studies place, in fact, emotions and feelings – very heterogeneous in intensity and duration – within consciousness. The distinction, of Aristotelian origin, between “good” and “bad” emotions must then be considered obsolete. The consequences, in terms of culpability, lead to the gradual overcoming of the draconian limit of the art. 90 of Italian Criminal Code, evidenced by the increasingly presence of “emotional” elements of the case. And yet a law devoid of emotions is at least as scary as a law that is imbued with moods and passions, overlooking its founding principles.