L’esecuzione della sanzione pecuniaria degli enti. Incertezze dell’attuale disciplina normativa e prospettive di riforma: riflessioni sostanziali e processuali – Lorenzo Pellegrini
Il tema delle forme e soluzioni esecutive approntate dal legislatore per la riscossione della sanzione pecuniaria degli enti collettivi si intreccia inscindibilmente con quello della effettività. Una pena che è stata prima minacciata e poi inflitta, se poi non viene anche applicata finisce infatti col perdere qualsiasi efficace funzione, divenendo ineffettiva. Ebbene, la sanzione pecuniaria degli enti verte oggi in una situazione di grande problematicità che è dettata non solo dalla comatosa difficoltà nella riscossione (che conosce tassi percentualistici bassissimi), ma anche dallo smarrimento di un riferimento normativo chiaro e preciso. La c.d. riforma Cartabia ha, infatti, fortemente innovato l’impostazione riscossiva della pena pecuniaria mediante il meccanismo della conversione in pena limitativa della libertà personale. Ma se ciò è stato realizzato con riguardo alla persona fisica lo stesso non può dirsi per quella giuridica. L’Autore – rimarcate le differenze e peculiarità che caratterizzano la sanzione pecuniaria “231” dalla pena pecuniaria e dalla sanzione amministrativa pecuniaria – ipotizza una riforma radicale anche del sistema esecutivo “231”, attraverso un meccanismo di sostituzione della sanzione pecuniaria con sanzione interdittiva, graduata a seconda della gravità del comportamento dell’ente reo condannato (inadempimento colposo Vs inadempimento incolpevole; presenza di condotte riparatorie Vs assenza di comportamenti riparatori postdelittuosi). L’analisi, infine, si propone di cogliere le significative ricadute che le diverse soluzioni in campo esecutivo hanno sull’apparato concettuale che sorregge l’impianto normativo del decreto “231” e segnatamente sulla natura punitivo-penale delle sanzioni ivi previste.
The issue of the forms and enforcement solutions provided by the legislature for the collection of the pecuniary penalty of collective entities is inextricably intertwined with that of effectiveness. A penalty that has first been threatened and then inflicted, if it is not then also applied, ends up losing any effective function, becoming ineffective. Well then, the pecuniary penalty of corporations is today in a very problematic situation that is dictated not only by the comatose difficulty in collection (which knows very low percentage rates), but also by the loss of a clear and precise regulatory reference. The so-called Cartabia reform has, in fact, strongly innovated the collection setting of the pecuniary penalty through the mechanism of conversion into a penalty limiting personal liberty. But if this has been achieved with regard to natural persons, the same cannot be said for legal persons. The author – noting the differences and peculiarities that characterise the ‘231’ pecuniary sanction from the pecuniary penalty and from the pecuniary administrative sanction – hypothesises a radical reform also of the ‘231’ enforcement system, through a mechanism of replacement of the pecuniary sanction with an interdictory sanction, graduated according to the seriousness of the conduct of the convicted offender (culpable failure Vs culpable failure; presence of reparatory conduct Vs absence of post-delinquent reparatory conduct). Finally, the analysis aims to grasp the significant repercussions that the different solutions in the field of enforcement have on the conceptual apparatus that supports the regulatory framework of the ‘231’ decree and, in particular, on the punitive-criminal nature of the sanctions provided for therein.