La responsabilità medica per mancata diagnosi. Contributo allo studio della cooperazione omissiva ipotetica – Nicolò Amore
Lo scritto si confronta con il problema della rilevanza penale dei contributi negativi colposi privi di diretta capacità impeditiva, attraverso lo studio dei casi di diagnosi clinica omessa, ritardata o effettuata in modo erroneo (c.d. “diagnosi mancata”). Secondo l’orientamento giurisprudenziale dominante, si tratterebbe di un’ipotesi di “negligenza o imperizia” estranea al perimetro dell’art. 590-sexies Cp. e, in ogni caso, condicio sine qua non dell’evento infausto. A ben vedere, però, l’indagine diagnostica, da un lato, è sottoposta a leges artis sue proprie, funzionali alla migliore individuazione della patologia; dall’altro, pur essendo fondamentale, rappresenta spesso soltanto uno tra i primi atti di una lunga catena di contributi funzionali alla realizzazione dell’unica condotta che può dirsi naturalisticamente impeditiva: la somministrazione del trattamento sanitario probabilmente curante. Esistono, dunque, buone ragioni per verificare in che modo e rispettando quali condizioni, sia possibile rimproverare le negligenze valutative compiute nella fase d’individuazione della patologia, specialmente nell’ambito di un percorso di cura che avrebbe richiesto l’intervento di professionisti differenti, e con diverse competenze (c.d. “équipemultidisciplinare”). È una questione complessa, che si lega a doppio filo col problema dell’ammissibilità teorica e ricostruttiva del c.d. “impedimento frazionato dell’evento”, e in particolare di una sua species piuttosto controversa, che si è ritenuto di denominare “concorso omissivo ipotetico”: invero, quando viene a mancare proprio la prima frazione della catena impeditiva, all’interprete non resta altro che “ipotizzare” il contenuto e l’efficacia impeditiva dei contegni susseguenti, con conseguenze a cascata sulla tenuta della fattispecie plurisoggettiva eventuale, nonché sull’accertamento scientifico dell’impedimento “collettivo” dell’evento illecito. Per tali ragioni, nella parte conclusiva del presente approfondimento si proporranno alcuni spunti politico-criminali, funzionali a implementare la razionalità e proporzionalità dell’intervento penale su queste fattispecie.
The paper addresses the issue of criminal liability for negligent contributions that lack direct etiologic significance, focusing on cases of omitted, delayed, or erroneous clinical diagnoses. According to the prevailing judicial interpretation, this constitutes an instance of “negligence” that falls outside the scope of art. 590-sexies Cp. and, in any case, a conditio sine qua non for the wrongful event of injury or death. However, diagnostic investigation is subject to its own leges artis, aimed at the best identification of the pathology; also, despite being a fundamental task, it is often merely one of the initial steps in a lengthy chain of contributions essential for carrying out the sole act that can be said to be actually capable of preventing the harm: the application of the therapy. Thus, there are valid reasons to explore how and under what conditions it is possible to blame evaluative malpractice committed during the pathology identification phase, especially in a course of treatment requiring the involvement of different professionals with different expertise (the so-called “multidisciplinary team”). This is a complex issue, which ties in double strands with the problem of theoretical and reconstructive admissibility of the so-called “fractional impediment of the event”, particularly a controversial subtype of it, which can be named “hypothetical omissive participation”. Indeed, when the first fraction of the preventive chain is missing, the interpreter is left to “hypothesize” the content and preventive effectiveness of subsequent behaviors, with cascading consequences on the coherence of potential multi-subject liability, as well as on the scientific ascertainment of the “collective” prevention of the unlawful event. For these reasons, the closing part of this study will offer some specific politico-criminal propositions aimed at enhancing the rationality and proportionality of the penal response to these cases.