La nuova fisionomia della udienza di sentencing e le persistenti criticità nell’applicazione e nell’esecuzione delle pene sostitutive – Giuseppe Della Monica

Le pene sostitutive introdotte dalla riforma “Cartabia” rappresentano una forma di anticipazione, ma anche di ampliamento, delle alternative al carcere previste dall’ordinamento penitenziario e la loro disciplina obbliga l’interprete a confrontarsi anche con assetti inediti, che riguardano, soprattutto, i tempi e le modalità di applicazione di tali strumenti sanzionatori. Il legislatore, dopo aver puntualmente delineato i presupposti e i criteri di scelta tra le diverse opzioni disponibili, ha anche stabilito apposite regole processuali, volte a garantire l’accessibilità alle pene sostitutive. Particolare attenzione è stata riservata alla disciplina del dispositivo di condanna a pena sostituiva, contenuta in una disposizione, l’art. 545-bis c.p.p., del tutto innovativa, rispetto alla quale sono emersi, sin dalle prime applicazioni, notevoli problemi esegetici, affrontati dalla giurisprudenza con orientamenti altalenanti, al punto da richiedere un radicale intervento di “controriforma”, attuato con il decreto legislativo n. 31 del 2024. Anche a seguito della approvazione del decreto correttivo, tuttavia, l’applicazione delle pene sostitutive — nel giudizio di primo grado, in sede di impugnazione e in fase esecutiva — presenta diversi profili di criticità, che rischiano di vanificare il conseguimento degli obiettivi della riforma, strettamente strumentali alla piena attuazione del principio di cui all’art. 27 comma 3 Cost. Tra le principali novità di carattere procedurale, spicca l’udienza di sentencing, latamente ispirata al modello bifasico di matrice anglosassone, la cui conformazione, però, tradisce problemi di ineffettività e inidoneità a garantire l’adeguamento del trattamento sanzionatorio alle esigenze di ogni singolo condannato.  Sul piano sistematico, desta perplessità, inoltre, l’opzione di affidare la competenza funzionale al giudice della cognizione — in luogo della magistratura di sorveglianza, certamente più versata nell’assumere determinazioni individualizzate — nonché il mancato coordinamento con le misure alternative alla detenzione carceraria, al fine di evitare duplicazioni e sovrapposizioni. 

The « pene sostitutive » introduced by the “Cartabia” reform represent an anticipation, as well as an expansion, of the alternatives to prison provided for by the penitentiary system, and their discipline requires to deal with new structures, which concern, above all, the times and methods of application of the new sanctioning instruments. The legislator, after having carefully outlined the prerequisites and regulatory criteria for choosing between the different options available, has also established specific procedural rules, aimed at guaranteeing the effectiveness of the pene sostitutive. Particular attention was paid, in this context, to the regulation of the alternative sentencing mechanism, contained in a provision, the article 545-bis of the Code of Criminal Procedure, completely innovative, with respect to which, since the first applications, notable exegetical problems have been highlighted, addressed by jurisprudence with fluctuating orientations, to the point of requiring a radical “counter-reform” intervention, implemented by legislative decree no. 31/2024. Even after the approval of the corrective decree, however, the application of the pene sostitutive — in the first instance proceedings, during the appeal and in the executive phase — presents multiple critical aspects, can frustrate the achievement of the objectives of the reform, strictly instrumental to the full implementation of the principle of reeducation provided by Article 27 co. 3 of the Constitution. Among the main procedural innovations, the sentencing hearing stands out, largely inspired by the Anglo-Saxon biphasic model, whose conformation, however, points out problems of ineffectiveness and unsuitability to guarantee the adaptation of the sanctioning treatment to the specific case and, in particular, to the needs of the convicted person. In systematic terms, the choice to entrust functional competence to the hearing judge – in place of the supervisory judiciary, which is certainly better equipped to take individualized decisions – raises perplexity, calling for broader reflection on the necessary coordination with penitentiary alternative measures, in order to avoid duplications and overlaps.

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