Il DNA da “prova regina” a “testimone biologico”? I controversi effetti delle nuove frontiere dell’analisi genetico-forense sulla governance of crime – Matilde Botto
Lo scopo di questo contributo è proporre un approfondimento relativo all’impatto degli sviluppi in ambito genetico-forense sulla governance of crime. Nello specifico, l’elaborato si concentra sul cosiddetto Forensic DNA Phenotyping (FDP): una tecnica di analisi del DNA che concerne la possibilità, a partire delle tracce biologiche rinvenute sulla scena del crimine, di predire (a livello probabilistico) talune caratteristiche di un individuo – le quali vanno da specifici tratti esteriori, all’origine etno-geografica sino all’età. Come risulta dal dibattito internazionale, se, da un lato, viene valorizzata la sua utilità, quale strumento di ausilio per le indagini, dall’altro, vengono sottolineati i rischi che potrebbero derivare proprio dal ricorso ad essa nel contesto in parola (particolarmente accentuati dal fatto che, di frequente, manca una regolamentazione di riferimento). Al fine di offrire una panoramica sulla materia, si è deciso di dedicare spazio, nella prima parte dello scritto, alle differenze tra il FDP e il “tradizionale” test del DNA, le quali afferiscono tanto al loro oggetto quanto ai risultati a cui si addiviene. Successivamente, l’analisi si concentrerà su uno dei principali profili di rischio riconnessi all’impiego del primo in sede investigativa: il pericolo che da questo possa derivare la stigmatizzazione ai danni di determinati gruppi di individui, i quali sono già discriminati all’interno della compagine sociale. La prospettiva adottata nell’approcciarsi alla questione, in particolare, sarà quella del penalista contemporaneo, evidenziando i possibili riflessi che potrebbero dispiegarsi sul piano della politica criminale. Invero, se da una parte non può che venire in considerazione il controverso rapporto tra diritto penale e diseguaglianza, dall’altra una riflessione attuale non può omettere di considerare adeguatamente la tendenza a rendere il primo oggetto di scelte animate da logiche securitarie e populistiche.
The aim of this essay is a review on the impact of new trends in forensic genetics on the governance of crime. In particular, it will be explored the so-called Forensic DNA Phenotyping (FDP): an emerging technology that seeks to make probabilistic inferences regarding a person’s externally visible characteristics, biogeographic ancestry and age by the analysis of biological materials collected at crime scenes. In the international debate on this field there are expectations about the potential applications of this technology in criminal law system, as a tool for criminal investigations. However, besides these opportunities there are some risks (which are particularly serious when there isn’t a specific legal framework). To provide an overview of the topic, the first part of the research is focused on differences between FDP and the “traditional DNA test”, which concern both their object and results. Following, it explores one of the most controversial points connected to the use of FDP in criminal investigations: an issue related to the risk that it may contribute to reinforce stigmatization on specific population groups (i.e. marginalised groups and minorities). Considering actual directions in criminal law, this aspect will be examined by looking at the possible consequences that could also affect the level of criminal policy. More in details, the essay will focus both on the controversial relationship between criminal law and inequality, and on the (extremely current) trend to make criminal law an object of choices animated by security paradigm and populist discourse.