Casa di lavoro e colonie agricole: un virus resistente alla civiltà giuridica? – Emilio Santoro

L’articolo fa la genealogia della misura di sicurezza detentiva casa di lavoro/colonia agricola. La misura è pensata dalla Scuola Positiva come “sostituto penale”, quindi come modo di esecuzione della pena principale. Nella nota incapacità della Scuola di “inventare” strumenti curativi della “criminalità”, questa misura non fa altro che riproporre la tradizionale retorica Ottocentesca del lavoro rieducativo. E’ con l’introduzione del doppio binario da parte del Codice Rocco che essa si trasforma in misura di sicurezza che alla pena detentiva si somma, durando fino alla avvenuta rieducazione del condannato, all’eliminazione della sua pericolosità. Oggi questa misura appare una duplicazione della pena costituzionalmente illegittima. Essa infatti, essendo stato introdotto il limite massimo di durata, è stata svincolata dalla pericolosità del condannato: non si può giustificare una misura detentiva post-pena sulla base della pericolosità se, pur proseguendo questa, la misura deve cessare. Inoltre è ormai acquisito che la finalità “rieducativa” che Rocco affidava alle misure di sicurezza oggi deve (costituzionalmente) essere proprio della pena. Infine, ora che la riforma dell’ordinamento penitenziario ha fatto venire meno l’obbligo di lavoro, probabilmente, per i detenuti e sicuramente per gli internati, la misura appare assolutamente illogica in quanto priva di ogni ratio.

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