SUICIDIO MEDICALMENTE ASSISTITO E OMICIDIO DEL CONSENZIENTE PIETATIS CAUSA: PROBLEMATICHE IPOTESI DI TIPICITÀ PENALE – Antonio Nappi

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L’idea di un diritto indisponibile dal proprio titolare è in sé problematica, dando luogo a un ossimoro paternalistico, incompatibile con il principio pluralistico. Auspicabile, quindi, appare il superamento dell’impostazione del vigente codice penale, che sanziona penalmente l’omicidio del consenziente e il suicidio assistito, senza eccezione alcuna e, quindi, anche se attuati pietatis causa e con assistenza medica. Ne derivano, tra l’altro, discriminazioni tra pazienti irreversibili che vorrebbero porre fine alla propria esistenza: essi possono evitare un’indesiderata agonia solo se, per la natura della malattia che li affligge, non intraprendere o interrompere trattamenti sanitari salvavita comporti una morte pressoché immediata. In prospettiva di riforma, la mancanza dell’offesa (in virtù del consenso del titolare del diritto), unitamente alle ulteriori ragioni addotte nell’indagine, suggerirebbe di escludere la stessa tipicità penale della condotta del medico che attui un omicidio del consenziente pietatis causa oppure, se vogliano muoversi passi in questa diversa direzione, il suicidio assistito. La previsione di una causa di esclusione della tipicità, operante solo in presenza di rigorosi presupposti normativamente individuati, andrebbe accompagnata da una complessiva strategia di politica criminale volta, da un lato, a valorizzare, oltre che l’autodeterminazione terapeutico/clinica, l’aspetto solidaristico; dall’altro, a prevenire abusi e strumentalizzazioni a cui i pazienti irreversibili sono particolarmente esposti, per la loro condizione di estrema vulnerabilità.