«Libertà va cercando…». Una detenzione “atipica”, uno “scontro” tra Corti: quali prospettive per i migranti detenuti in Europa? – Lorenzo Bernardini

La governance dei flussi migratori da parte degli Stati membri dell’UE viene sempre più spesso organizzata facendo ricorso a forme di privazione della libertà personale nei confronti dei migranti che giungono sul suolo europeo. Siano essi stranieri “irregolari” da espellere, o richiedenti asilo, il legislatore UE ha consentito – con scarne garanzie procedurali – che le autorità nazionali potessero applicare loro una “detenzione” in via amministrativa. A tale procedura tipizzata, si è affiancata nel tempo una prassi discutibile: gli Stati sottoposti a pressioni migratorie eccezionali hanno trattenuto numerosi stranieri all’interno dei “punti di crisi” (hotspot) allestiti nei luoghi di particolare afflusso, senza, tuttavia, che vi fosse una normativa UE o interna che consentisse una loro privazione della libertà personale. In tema, la Corte di Giustizia UE ha fornito il primo arresto giurisprudenziale sulla detenzione de facto dei migranti in luoghi “atipici” (hotspot e “zone di transito” ai confini nazionali), valorizzando le circostanze concrete della privazione della libertà e negando l’approccio “formalistico” della Corte EDU che, in un caso analogo, aveva invece rigettato l’assunto per cui gli stranieri fossero da considerarsi “detenuti”. A partire dalla decisione della CGUE, il contributo intende soffermarsi, in particolare, sulle interdipendenze tra diritto UE e CEDU per poi, infine, considerare le possibili implicazioni future di tale “match giurisprudenziale” nel contesto europeo.

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