L’acquisizione dei dati esteriori delle comunicazioni nel processo penale italiano dopo la sentenza H.K.: alcuni spunti di riflessione sulle prime applicazioni giurisprudenziali – Matteo Aranci

Lo scritto analizza, attraverso l’esame di alcuni provvedimenti dei giudici nazionali e della legislazione vigente, le conseguenze prodotte dalla sentenza H.K. resa dalla Corte di giustizia il 2 marzo 2021, relativa all’acquisizione dei dati esteriori delle comunicazioni nel processo penale. La prima parte del contributo offre un esame dei principali contenuti della sentenza della Corte di giustizia, la quale costituisce l’ultima (e più recente) pronuncia in tema di bilanciamento tra diritti fondamentali, quali quelli alla tutela della vita privata e alla riservatezza, ed esigenze di sicurezza. In particolare, si è precisato che, alla luce dell’art. 15, dir. 2002/58/CE, l’acquisizione dei dati esteriori nel processo penale può avvenire soltanto a fronte di forme gravi di criminalità e previa autorizzazione da parte del giudice o di un’autorità amministrativa indipendente, purché si tratti di un soggetto terzo rispetto alle parti. Si esamina quindi l’impatto – immediato e dirompente – che questa pronuncia ha avuto nei procedimenti penali italiani, in cui l’art. 132, d.lgs. 30.6.2003, n. 196 consente invece al Pubblico Ministero di acquisire i c.d. tabulati a fronte di qualsiasi reato e con proprio decreto. Mentre alcune decisioni hanno ritenuto non sussistente un conflitto tra le fonti, altre, pur riconoscendo l’antinomia, sono giunte a esiti eterogenei quanto alla possibilità di fare immediata applicazione della decisione della Corte di giustizia. Infine, il Tribunale di Rieti ha formulato rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE per ottenere ulteriori precisazioni quanto all’interpretazione dell’art. 15, dir. 2002/58/CE. A fronte di decisioni tanto differenti, si evidenzia tuttavia che uno degli aspetti decisivi ai fini della soluzione dell’antinomia è rimasto in disparte, ovvero la capacità della norma europea di produrre (o meno) effetti diretti. Si prospetta quindi, come rimedio necessario, un intervento legislativo, che permetta di adeguare la normativa nazionale alle esigenze segnalate dalla Corte di giustizia; allo stesso modo, si evidenzia l’opportunità che anche il legislatore europeo adotti quanto prima una disciplina aggiornata e puntuale in tema di data retention, anche rispetto ai procedimenti penali.

This paper analyses, through the examination of recent decisions given by national Courts and Italian legislation, the consequences deriving from the judgment H.K. delivered by the CJEU last 2 March 2021, dealing with the access of national authorities to retained data in criminal proceedings. The first part of the paper aims to offer an analysis of the main points of the judgment of the CJEU, which represents the last decision about the balancing between fundamental rights (rights to private life and to the protection of personal data) and security interests. Particularly, the CJEU underlined that, considering Article 15 of Directive 2002/58/EC, the access to retained data in criminal proceedings can take place only to combat serious crimes and only if authorized by a judge or by an administrative body, as long as it’s a third party. This paper considers therefore the impact – immediate and disruptive – that this decision produced on Italian criminal proceedings, since Article 132, Legislative Decree 30.6.2003, n. 196 allows the Public Prosecutor to obtain the retained data whatever the offence is and with its own Decree. While some of the decisions have not considered a contrast between the two sources of law, others, recognizing the antinomy, have reached heterogeneous results as regards the possibility of immediate application of the decision of the CJEU. Finally, the Court of First Instance of Rieti made a preliminary reference (Article 267 TFEU) to obtain further details regarding the correct interpretation of Article 15, Directive 2002/58/EC. In the face of such different decisions, it should be noted that one of the decisive aspects for resolving the antinomy remained on the sidelines, namely the ability (or not) of Article 15, Directive 2002/58/EC to produce direct effects. Therefore, as a necessary remedy, a legislative intervention is envisaged: in this way, the needs indicated by the CJEU could be met. In the same way, it is highlighted the opportunity, for European legislator as well, to adopt as soon as possible an updated discipline about data retention, also with respect to criminal proceedings.

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