Il silenzio e il dialogo. Dalla pena alla riparazione dell’illecito – Giovannangelo De Francesco

Lo scritto, muovendo da un’analisi critica dell’influenza esplicata dai due diversi paradigmi di Kultur e Zivilisation, valorizza in primo luogo il significato ed il ruolo dei diritti umani al fine di illustrare la dimensione ed il volto della giustizia riparativa quale ‘nuovo’ modello nella gestione del conflitto insito nel reato. In tale ottica, vengono sottoposte a critica le tendenze volte ad accreditare analogie e processi di derivazione da esperienze del passato, così come chiavi di lettura propense a far interagire il predetto modello con la postulata avocazione da parte dei pubblici poteri del compito di sviluppare sotto altre forme una reazione ‘vendicativa’ per il torto arrecato. Conferme ulteriori dell’impostazione adottata vengono altresì rinvenute nella dichiarata incapacità della giustizia ordinaria a soddisfare gli interessi della vittima, quale si evince dai numerosi interventi – anzitutto, a livello sovranazionale – diretti a garantire quest’ultima dal procedere in una direzione essenzialmente ‘reocentrica’ del giudizio penale. Dopo avere sottolineato l’idoneità della Restorative Justice ad assicurare le esigenze preventive dell’ordinamento, lo scritto si sofferma sulle possibilità di innestare nel corso del processo ordinario, e nella stessa fase dell’esecuzione, momenti di giustizia riparativa, sul presupposto che già la promozione di un rapporto ‘dialogico’ con le vittime, sia pur frammisto ad altre misure o adempimenti, giochi un ruolo responsabilizzante per il colpevole e di miglioramento delle condizioni personali della vittima e di chi ne condivida le sofferenze. L’indagine si conclude con un breve sguardo alle condotte di tipo ‘reintegratorio’ realizzate al di fuori di un processo di mediazione; condotte, la cui rilevanza si coglie pur sempre alla luce dell’esigenza di fare ricorso alla pena nei limiti di un’effettiva ‘necessità’.

The paper, based on a critical analysis of the influence expressed by the two different paradigms of Kultur and Zivilisation, firstly stresses the meaning and role of human rights in order to outline the dimension of restorative justice as a ‘new’ model in processing conflicts connected to the crime. From this point of view, the Author challenges the theories which put it in connection with past experiences, as well as those recognising an interaction between the aforementioned ‘model’ and the postulated task for public authorities of developing in other forms a ‘vindictive’ reaction for the wrong done. Further confirmations of the approach adopted are found in the deliberate inability of ordinary justice to satisfy the interests of the victim, as can be seen looking at the numerous interventions – first of all, at a supranational level – aimed at avoiding an exclusively ‘reocentric’ direction of criminal proceedings. After emphasising the suitability of Restorative Justice to ensure the prevention needs of the system, the paper focuses on the possibility of introducing moments of restorative justice during the ordinary criminal proceeding and at the stage of sentence enforcement, on the assumption that the promotion of a ‘dialogue’ with the victims, even if it comes with other measures or obligations, plays a role in developing the culprit’s sense of responsibility and improves the personal condition of the victim and of those who share their suffering. The paper ends with a quick look at ‘reintegratory’ behaviour carried out outside of a mediation proceeding, whose importance should still be seen in the light of the need to resort to punishment only within the limits of an actual ‘necessity’.

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