Il ruolo del consenso nella messa alla prova ‘minorile’ – Valeria Bosco

La necessità del consenso dell’imputato, quale condizione per poter procedere alla sospensione del processo con messa alla prova minorile, rappresenta ancora oggi una questione non completamente risolta. Si tratta, infatti, di un aspetto su cui tutti sono in linea di massima formalmente d’accordo, ma che poi in concreto, non ricevendo alcuna disciplina all’interno dell’ambigua formulazione dell’art. 28 d.P.R. n. 448/1988, rischia di non essere considerato punto cruciale nella struttura dell’istituto di probation. All’interno della dinamica del meccanismo in esame, invece, l’adesione del minore dovrebbe essere considerata elemento imprescindibile ai fini della praticabilità e dell’esito positivo della messa alla prova, un profilo che, oltretutto, costituisce passaggio implicito anche ai fini della verifica degli altri presupposti della misura. In questa direzione, un recente orientamento giurisprudenziale della Corte di cassazione sembrerebbe, però, incidere in maniera profonda e sostanziale. Per la prima volta, infatti, non solo si sottolinea l’importanza del consenso del minore, ma si impone che la sua necessaria manifestazione abbia luogo dinanzi al giudice nell’udienza preliminare.

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